È ineleggibile come revisore dei conti il dipendente della Provincia in aspettativa, ai sensi dell’articolo 9 comma 3 del decreto legislativo 4 maggio 2001, n.207, a seguito della nomina a Direttore dell’Azienda di Servizi alla Persona. È questa in sintesi la risposta del ministero dell’interno ad una richiesta di parere di un revisore, Dirigente dell’Amministrazione provinciale di XXX, in aspettativa ai sensi dell’articolo 9 comma 3 del decreto legislativo 4 maggio 2001, n.207 a seguito della nomina a Direttore dell’Azienda di Servizi alla Persona in provincia di YYY, che ha chiesto di conoscere se, in caso di estrazione per la nomina a revisore negli enti locali nella provincia XXX, permane il vincolo di ineleggibilità di cui all’articolo 236 del TUEL.
L’articolo 236 citato prevede, tra l’altro, che l’incarico di revisore non possa essere esercitato dai dipendenti delle regioni, delle province e delle città metropolitane negli enti locali compresi nella circoscrizione territoriale di competenza. Il collocamento in aspettativa senza assegni non incide sullo status di dipendente della provincia e, di conseguenza il ministero ritiene che, nella fattispecie, permanga il divieto di svolgere la funzione di revisore nell’ambito della provincia. Relativamente all’attuale rapporto di lavoro costituito con l’Ente ASP, viene evidenziato che non sembrerebbe comunque possibile svolgere l’incarico di revisore in nessun ente locale.
La tipicità della nomina a Direttore dell’ASP, regolata da un contratto di diritto privato, non sembrerebbe escludere i vincoli derivanti dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”, come si evince dalla sentenza della Cassazione n.n25369 del 2020 riferita agli enti del SSN, nella quale vengono espresse considerazioni generali che potrebbero essere estese anche all’incarico in questione. “Ai sensi dell’articolo 384 codice di procedura civile si ritiene opportuno enunciare il seguente principio di diritto: ai direttori generali (e anche ai direttori sanitari e ai direttori amministrativi) degli Enti del Servizio Sanitario Nazionale si applica la normativa in materia di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi (oltre che quella sulla inconferibilità degli incarichi stessi) – con le relative sanzioni – dettata dall’articolo 53 del d.lgs. n.165 del 2001 (nonché, ratione temporis, dalla disciplina specifica per i titolari di incarichi dirigenziali di cui al d.lgs. n.39 del 2013). Tale normativa ha carattere imperativo e inderogabile, essendo irrilevante il fatto che il rapporto del direttore generale di un ente del SSN – peraltro, dalla legge qualificato “esclusivo” – sia di natura autonoma e sia regolato da un contratto di diritto privato, perché, agli indicati fini, quel che conta è lo svolgimento di funzioni in qualità di “agente dell’Amministrazione pubblica”, da cui deriva il rispetto del primario dovere di esclusività del rapporto con la P.A.”.