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Un segretario comunale ha sollevato la questione relativa alla possibilità di accedere da remoto al protocollo informatico ed al sistema di contabilità dell'ente da parte dei consiglieri comunali, ai sensi dell'art.43 del d.lgs. n.267/2000. Con nota n.14160 del 15 luglio 2021 il Ministero dell'Interno ha fatto presente che, come più volte sostenuto dalla Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi (in particolare, Plenum del 2.2.2010 e del 23.2.2010 e parere del 5.10.2010), il "diritto di accesso" ed il "diritto di informazione" dei consiglieri comunali nei confronti della P.A. trovano la loro disciplina specifica nell'art.43 del decreto legislativo n.267/00 che riconosce ai consiglieri comunali e provinciali il "diritto di ottenere dagli uffici, … del comune, nonché dalle … aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato". Dal contenuto della citata norma, si evince il riconoscimento in capo al consigliere comunale di un diritto dai confini più ampi sia del diritto di accesso ai documenti amministrativi attribuito al cittadino nei confronti del comune di residenza (art.10 T.U. Enti locali) sia, più in generale, nei confronti della P.A. quale disciplinato dalla legge n.241/90. In merito alla problematica generale della legittimità dell'accesso da remoto mediante rilascio delle credenziali ai programmi di gestione informatica del protocollo, ovvero del sistema di contabilità, con il già citato parere n.18368 P-2.4.5.2.4 del 5.10.2010, la Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi aveva riconosciuto la possibilità per il consigliere comunale di avere accesso diretto al sistema informatico interno (anche contabile) dell'ente attraverso l'uso della password di servizio (cfr. anche parere del 29.11.2009 ed il parere del 7 aprile 2016). In materia di diritto di accesso del consigliere da remoto la giurisprudenza amministrativa si è espressa in senso positivo ponendo però in molte pronunce delle limitazioni. In merito si osserva che il TAR Campania-Napoli, Sezione I, con sentenza del 24 novembre 2020, n.5507, ha precisato, nel caso esaminato, che "il ritiro delle password di sola lettura ... (con le quali i consiglieri potevano sì accedere da remoto, ma visualizzando solo ed esclusivamente dati sintetici degli atti), non può considerarsi al pari di un diniego di accesso ovvero di un maggior aggravio per tale diritto, in quanto non rende in ogni caso inaccessibile la documentazione integrale, le cui regole di accessibilità, mediante apposita istanza, restano immutate nel pieno rispetto della legge e del principio generale di trasparenza amministrativa". Inoltre, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata-Potenza, Sez.I, con sentenza del 10 luglio 2019, n.599, ha affermato che il consigliere comunale ha il diritto di soddisfare le esigenze conoscitive connesse all'espletamento del suo mandato anche attraverso la modalità informatica, con accesso da remoto ed ha precisato che è riconosciuto il diritto ad accedere da remoto al protocollo informatico ed al sistema informatico contabile dell'ente, in particolare ha evidenziato "che l'accesso da remoto vada consentito in relazione ai soli dati di sintesi ricavabili dalla consultazione telematica del protocollo, non potendo essere esteso al contenuto della documentazione, la cui acquisizione rimane soggetta alle ordinarie regole in materia di accesso (tra le quali la necessità di richiesta specifica)". Anche il Consiglio di Stato, Sez.V, con sentenza dell'8 giugno 2018, n.3486, ha sottolineato la necessità per le amministrazioni di rendere fruibili le informazioni in modalità digitale ai sensi dell'art.2, comma 1, d.lgs. n.82/2005, recante il c.d. Codice dell'amministrazione digitale, ed ha intimato all'Amministrazione di apprestare, entro un termine di 60 giorni, le modalità organizzative per il rilascio di password per l'accesso da remoto al sistema informatico. Sono state rilevate però criticità connesse a tale diritto di accesso; infatti, il TAR Sicilia-Catania, Sez.I, con sentenza del 4 maggio 2020, n.926, ha osservato che, quanto al rilascio delle credenziali per l'accesso al programma di gestione contabile, esso, in definitiva, consentirebbe ai consiglieri comunali di accedere alla generalità indiscriminata dei documenti relativi alla contabilità dell'ente in mancanza di apposita istanza; tale forma di accesso 'diretto', secondo il giudice amministrativo, si risolverebbe in un monitoraggio assoluto e permanente sull'attività degli uffici, tale da violare la ratio dell'istituto, che, così declinato, eccederebbe strutturalmente la sua funzione conoscitiva e di controllo in riferimento ad una determinata informazione e/o ad uno specifico atto dell'ente, eccedendo dal perimetro delle prerogative attribuite ai consiglieri. Quanto al rilascio delle credenziali per l'accesso al programma di protocollo informatico, il Collegio ha ritenuto che tale rilascio si tradurrebbe in un accesso generalizzato ed indiscriminato a tutti i dati della corrispondenza in entrata ed uscita (cfr. T.A.R. Toscana, sez.I, 22 dicembre 2016, n.1844); inoltre, il rilascio delle credenziali per l'accesso a tale ultimo programma si rivela sproporzionato rispetto alle esigenze conoscitive sottese. Il Collegio, con tale pronuncia, ha voluto evidenziare che la modalità informatica di accesso appare eccessiva rispetto allo scopo perseguito, essendo l'ente comunale tenuto, a fronte di istanza formulata dai consiglieri comunali nel rispetto dei sopra delineati principi, a consentire la visione nonché a procedere al rilascio di copia cartacea (stampa) dei dati di sintesi del protocollo informatico (numero di registrazione al protocollo, data, mittente, destinatario, modalità di acquisizione, oggetto). Più recentemente, il T.A.R. per il Friuli Venezia Giulia-Trieste, Sez.I, con sentenza del 9 luglio 2020, n.253, pur non mettendo in dubbio il diritto del consigliere comunale ad ottenere dagli uffici del comune tutte le notizie e le informazioni utili all'espletamento del proprio mandato, diritto ampiamente riconosciuto dalla prevalente giurisprudenza amministrativa, ha ritenuto non assentibile "la pretesa dell'interessato, non assistita da alcun corrispondente obbligo di legge gravante sull'ente civico, di esercitare il diritto in questione nella modalità a lui più gradita", precisando che non si possono "invadere spazi intangibili di discrezionalità, né, tanto meno, sostituirsi all'Amministrazione in valutazioni di carattere organizzativo/funzionale che sola ad essa competono e che fuoriescono dal perimetro proprio della speciale forma di accesso spettante ai consiglieri comunali ex art.43 del d.lgs. n.267/2000". Si segnala che il Consiglio di Stato, Sez.V, con sentenza 11 marzo 2021, n.2089, ha precisato che il diritto di accesso del consigliere comunale è sottoposto alla regola del ragionevole bilanciamento propria dei rapporti tra diritti fondamentali. L'Alto Consesso ha evidenziato che, se da un lato è vero che il diritto di accesso di un consigliere comunale è più ampio, ai sensi dell'art.43, comma 2, del d.lgs.n.267/2000, per il proprio mandato politico-amministrativo, rispetto all'accesso agli atti amministrativi previsto dall'art.7 della legge n.241/1990, "è altrettanto vero che tale estensione non implica che esso possa sempre e comunque esercitarsi con pregiudizio di altri interessi riconosciuti dall'ordinamento meritevoli di tutela, e dunque possa sottrarsi al necessario bilanciamento con quest'ultimi". Ciò non solo perché ad esso si contrappongono diritti egualmente tutelati dall'ordinamento, ma anche per il limite funzionale intrinseco cui il diritto d'accesso, espresso dall'art.43, comma 2, d.lgs.n.267 del 2000, è sottoposto con il richiamo alle notizie ed alle informazioni che possono essere richieste all'ente locale se si rivelino utili all'espletamento del proprio mandato. Tale orientamento giurisprudenziale è stato da ultimo ribadito dal TAR Veneto, Sez.I, con sentenza 5 maggio 2021, n.604. Premesse tali coordinate generali interpretative enucleate dai principi espressi dalla giurisprudenza amministrativa più recente, sembra ammissibile l'utilizzo di postazioni informatiche presso i locali dell'ente per l'accesso ai dati di sintesi, mentre è demandata allo stesso la valutazione dell'opportunità di consentire ai consiglieri comunali l'accesso a tali dati da remoto nel rispetto della regola del bilanciamento dei diritti delle parti interessate.